Un gufo stava appollaiato sul davanzale della sua finestra,
grigio e con una testa enorme.
Provò a sporgersi per vederlo meglio in viso, le scivolò la mano e…
All’ improvviso aprì gli occhi, era stato solo un sogno.
Si girò verso la sveglia: le 5:00, ed era Domenica.
Infastidita e annoiata si divincolò dal groviglio di lenzuola che la legavano.
Restò, così, immobile a pancia in su, con le braccia e le gambe divaricate,
assaporando il silenzio della casa, della città, del mondo attorno a lei.
Le foto al muro sorridevano a mala pena e guardavano altrove, lontano.
Stette a fissare un raggio di sole dividere le ombre sul soffitto, un timido e
coraggioso raggio di sole dopo giorni di buio e pioggia.
Lentamente si mise a sedere e guardò davanti a sé il baule di quercia sotto la
finestra.
Come ipnotizzata scese dal letto e si inginocchiò davanti ad esso.
Dita intorpidite sfiorarono quel vecchio e sconosciuto baule, da quanto tempo
era lì?
“Stupida, da sempre!” le disse qualcuno.
Così lo aprì e i bei ricordi la travolsero.
Apparentemente vuoto, al suo interno trovò solo una vecchia bambola di pezza, malandata
e macchiata di inchiostro qua e là.
Se la portò vicino al viso per studiarne i contorni del viso; quel sorriso
accennato, gli occhi socchiusi e le gote rosa.
Ne percepiva tutta la dolcezza, tutti i momenti passati spensierati e ad un
tratto vuoti.
L’innocenza che lascia posto all’angoscia, la speranza ai progetti, la gioia ai
sacrifici.
Tutto scorre su linee parallele, come su un binario, destinate a non trovare un
compromesso, un punto d’incontro.
Come corde di una chitarra in continua tensione e destinate a vibrare e a scontrarsi per qualche istante, come quella volta che aprì il vecchio baule di
quercia e vi trovò quella bella bambola di pezza e dimenticò, solo per un
istante, che la quiete era diventata la nuova risata.
Lady H.
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Helene Schjerfbeck, "Le scarpette da ballo" |
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